Scoperta potenziale terapia per le forme avanzate di tumore alla tiroide

IOM ha partecipato allo studio pubblicato su Nature Communications che ha definito nuovi marcatori predittivi per la risposta alle terapie convenzionali e trovato una potenziale strategia terapeutica per i carcinomi indifferenziati della tiroide

  • sabato, 11 marzo 2023
    • Istituto Oncologico del Mediterraneo
Gruppo Samed
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Il cancro della tiroide rappresenta la patologia neoplastica più comune del sistema endocrino, con una frequenza del 3.8% e un’incidenza prevalente nelle donne tra i 40 e i 60 anni.

Le mutazioni genetiche che si accumulano nelle cellule tiroidee, danno origine a diversi tipi di tumore tiroideo, tra cui le forme ben differenziate, caratterizzate da una elevata sopravvivenza, e la forma indifferenziata più rara e associata ad una prognosi infausta.

La scoperta, pubblicata dalla prestigiosa rivista Nature Communications, finanziata dalla Fondazione AIRC è stata condotta dall’equipe di ricercatori sotto la guida del Professor Giorgio Stassi (Veronica Veschi, Chiara Modica, Simone Di Franco, Miriam Gaggianesi e Sebastiano Di Bella) del Dipartimento di Discipline Chirurgiche Oncologiche e Stomatologiche con la collaborazione del gruppo di ricerca della Prof.ssa Matilde Todaro (Alice Turdo, Melania Lo Iacono e Laura Mangiapane) e della Prof.ssa Maria Rita Bongiorno del Dipartimento PROMISE dell’Università di Palermo; dell’Istituto Oncologico del Mediterraneo di Viagrande, Catania (Lorenzo Memeo, Lorenzo Colarossi, Cristina Colarossi e Dario Giuffrida); del Dott. Aroldo Rizzo dell’Azienda Ospedaliera “Cervello” di Palermo e dei Professori Antonino Belfiore e Paolo Vigneri dell’Università degli studi di Catania.

Lo studio ha definito gli eventi alla base della tumorigenesi tiroidea e, nello specifico, ha delineato i meccanismi molecolari responsabili dell’insorgenza dei diversi carcinomi tiroidei distinguibili per istologia e decorso clinico. I ricercatori, mediante l’utilizzo di un modello di cellule staminali, hanno ricreato la gerarchia cellulare della ghiandola tiroidea e parallelamente, attraverso un sistema di editing genetico, hanno identificato una piccola sottopopolazione cellulare, che in seguito all’accumulo di mutazioni genetiche è in grado di generare neoformazioni riconducibili alle differenti forme tumorali, inclusi i carcinomi tiroidei indifferenziati più aggressivi. Questo modello costituisce un sistema eccellente per studiare l’evoluzione della malattia e per sperimentare l’efficacia di nuovi farmaci. Infatti, ha contribuito a definire nuovi marcatori predittivi per la risposta alle terapie convenzionali e, soprattutto, hanno portato alla luce una potenziale strategia terapeutica per i carcinomi indifferenziati della tiroide contraddistinti da una elevata aggressività e da una sopravvivenza alla diagnosi di circa 6 mesi.

“Questa scoperta svela l’origine genetica e cellulare dei tumori alla tiroide e apre le porte a nuove possibilità di terapia per i pazienti con malattia avanzata”, spiega il Professor Stassi. Nell’attesa dei risultati delle sperimentazioni cliniche, questa scoperta rafforza l’opinione, sempre più diffusa, che lo studio dell’evoluzione tumorale rappresenti il futuro della ricerca sul cancro.

L’equipe dell’Istituto Oncologico del Mediterraneo ha evidenziato, in particolare, l’associazione tra l’espressione di alcuni oncosoppressori da parte delle cellule tumorali ed il decorso aggressivo della neoplasia. Queste proteine potrebbero quindi rappresentare, in futuro, un marcatore prognostico specifico da integrare alla diagnosi anatomo-patologica del carcinoma tiroideo.

Nella foto l'equipe dello IOM da sx Dario Giuffrida, Cristina Colarossi, Lorenzo Memeo, Lorenzo Colarossi